2073: Il Distopico Capolavoro di Asif Kapadia che Rispecchia il Nostro Presente

Immaginate un mondo in cui la democrazia è solo un ricordo, dove droni sorvegliano le strade e la popolazione, ormai piegata dalla paura, si rifugia sottoterra. Questo è il futuro inquietante che Asif Kapadia esplora in 2073, un film che mescola fantascienza distopica e documentario, prendendo ispirazione dal classico La Jetée di Chris Marker. Ambientato nella New San Francisco del 2073, il film non si limita a raccontare una storia, ma lancia un allarme sulla direzione che il nostro mondo sembra aver intrapreso.

La protagonista, Ghost, interpretata da Samantha Morton (The Walking Dead), è una figura solitaria che vive in un regime oppressivo, governato da ultraliberisti, tecnocrati corrotti e dittatori senza scrupoli. In questa società dove il dissenso è soffocato con brutalità, Ghost è perseguitata da visioni del passato, un passato che altri potrebbero chiamare presente. Kapadia intreccia questa narrazione con immagini d’archivio e interviste a giornalisti investigativi come Rana Ayyub e Carole Cadwalladr, che portano alla luce i pericoli del declino democratico, dell’autoritarismo e della sorveglianza di massa.

L’idea del film nasce da un momento preciso della vita del regista. Durante le riprese della serie Mindhunter nel 2016, Kapadia si trovava in Pennsylvania, uno stato chiave per le elezioni americane. Mentre di giorno girava scene per Netflix, la sera assisteva a manifestazioni politiche cariche di tensione, simili a un prologo di un film distopico. La sua troupe, composta perlopiù da sostenitori di Trump, offriva uno spaccato inquietante della polarizzazione politica americana. A tutto questo si aggiungeva il ricordo della Brexit, con la sua retorica divisiva e le sue campagne basate su menzogne, un déjà vu che sembrava seguire Kapadia da un continente all’altro.

Questo mix di esperienze ha dato vita a 2073, un film che riflette le paure di Kapadia per il futuro e le cristallizza in una narrazione potente e viscerale. Ghost, la sua eroina, vive in un mondo dove la tecnologia, invece di liberare l’umanità, contribuisce alla sua oppressione. Droni di sorveglianza, polizia militarizzata e censura sono strumenti di controllo, mentre la crisi climatica e l’autoritarismo crescono incontrastati.

Ciò che rende 2073 unico è il suo formato “anfibio”: una fusione di cinema narrativo e documentario, in cui la fantascienza non è mai lontana dalla realtà. Kapadia ci trascina in un vortice di immagini di repressione, dichiarazioni e visioni di un futuro che appare drammaticamente plausibile. Il film, con la sua narrazione audace e la sua struttura innovativa, ci ricorda che la distopia non è più confinata ai libri o ai film: è una possibilità tangibile, un destino da cui dobbiamo sfuggire.

Debuttato nei cinema britannici a dicembre, 2073 ha già iniziato a scuotere le coscienze con il suo messaggio potente. Per il pubblico italiano, l’attesa è carica di aspettative: questo futuro distopico potrebbe presto invadere anche i nostri schermi, come un ammonimento necessario sui rischi del nostro presente.

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